L’Anti-Atlas et voyage au Sud Maroc vu par Magazine Elle pour DI TESTO E FOTO DI MARCO RRESTELLI
Viaggio nel sud del Marocco
Antiche kasbah e dromedari, canyon spettacolari e oasi lussureggianti, rocce monumentali tramutate in opere d’arte. E poi, l’immortale fascino del Sahara, modellato dal vento. Al confine con l’Africa nera, il Marocco sa sorprendere
Di Testo e foto di Marco Rrestelli
"Era una magnifica kasbah del 1500 ma rischiava di andare in rovina. L’abbiamo riportata in vita con rispetto, mantenendo la sua struttura e i suoi vicoli, trasformando gli ambienti in camere per gli ospiti arredate nello stile berbero della zona. Oggi è una maison d’hôte eco-compatibile, perfettamente inserita nell’oasi di Tata, e per questo premiata con la Clef Verte (“Chiave Verde”) dalla Fondazione Mohammad VI per l’Ambiente».
Ingresso della Kasbah di Telouette.
Sorride orgogliosa Latifa Maali, architetta marocchina che ha curato la ristrutturazione e ora è direttrice della maison d’hôte Dar Infiane. La kasbah e l’oasi del villaggio di Tatà, incastonate fra i monti dell’Anti Atlante, sono fra i gioielli semisconosciuti di quello che i marocchini chiamano il Grande Sud, l’enorme territorio che si trova a sud di Marrakech. Siamo nel nuovo Geoparco Jbel Bani Tata, il cui presidente - nonché proprietario del Dar Infiane - è Patrick Simon, un francese che da quarant’anni vive in Marocco con la moglie Francine ed è totalmente innamorato del suo Paese d’adozione. Patrick mi guida alla scoperta dei tesori della zona: a pochi minuti di jeep da Tata ci fermiamo in mezzo al deserto a osservare grosse pietre con graffiti di giraffe, gazzelle e rinoceronti. «Settemila anni fa questa era una terra verdissima, dove gli abitanti raffiguravano gli animali che vedevano, e questo è solo uno degli oltre 300 siti di graffiti rupestri», spiega Patrick.
Uno scorcio dell’oasi del fiume Todra.
Arriviamo poi nei vicini villaggi-oasi di Agadir Ouzrou e Agadir Hamrar. Qui il Marocco è davvero Africa: la gente nera, discendente da immigrati centrafricani o da schiavi, veste solo abiti tradizionali, e l’atmosfera è lontanissima da quella turistica delle città marocchine del Nord. In queste oasi di palme da dattero ammiriamo i restauri di un’altra kasbah e di una moschea del Dodicesimo secolo: un cartello indica che ai lavori partecipa una Ong italiana, la Ciss, Cooperazione Internazionale Sud Sud. «Non sono gli unici italiani a operare qui: geologi delle università di Cagliari e di Modena-Reggio ma anche del vostro Cnr collaborano con il Geoparco per studiare le montagne di origine vulcanica del Grande Sud», aggiunge Patrick. Non so nulla di geologia ma i monti dell’Anti Atlante e dell’Alto Atlante hanno un fascino innegabile, grazie ai colori che variano dal rosso all’ocra, al granata intenso, e alle forme strane come quella del “Cappello di Napoleone”, che si trova in un’altra località del Sud, Tafraout. In quella zona anni fa un artista belga, Jean Vérame, ha dipinto di azzurro e rosa alcuni grandi monoliti, trasformando il paesaggio in una installazione di land art a cielo aperto.
Portone d'ingresso all'agadir (granaio) del 1700 tuttora in uso nel villaggio di Ait Ikin, nella provincia di Tata.
Ma il giro delle meraviglie con Patrick non è finito: nel villaggio di Ait Ikin un custode ci apre il portone istoriato dell’agadir, cioè dell’antico granaio comunitario. È un quadrilatero con un cortile interno e ogni lato ha numerose porte a varie altezze, ciascuna raggiungibile con una “scala” che in realtà è un tronco di palma intagliato a gradini. Ogni porta conduce a una stanza di proprietà di una famiglia del villaggio, che lì conserva non solo il grano ma anche gioielli di famiglia e antichi documenti come atti di matrimonio o testamenti, tutti incisi su osso di dromedario. L’agadir di Ait Ikin è un perfetto esempio dei tesori culturali che si possono scoprire nel Sud marocchino: affascinanti anche perché vissuti dalla popolazione. «Lo scopo del Geoparco è far apprezzare cose come questa a un turismo intelligente ed ecosostenibile», conclude Patrick.
Gole del fiume Todra.
Un turismo che qui per ora si vede poco, perché quasi tutti si fermano alle (bellissime, certo) città imperiali come Marrakech, Fez o Meknès. Qualche curioso si spinge oltre, in luoghi ormai noti come la kasbah di Ait ben Haddou, Patrimonio Unesco, e set di molti film famosi (uno su tutti: Il gladiatore) prodotti nella vicina “cinecittà” di Ouarzazate. Da qui si arriva alle valli dei fiumi Dràa e Dadès con le loro lussureggianti oasi, ma soprattutto alle Gole del Todra, dove il fiume si infila fra alte montagne spettacolari ancora abitate dai nomadi, e i pochi riad sono sovrastati dalla roccia come nanetti abbrancati alle caviglie di giganti: le Gole del Todra sembrano scolpite dal dio Vulcano con il ferro e con il fuoco.
Ma accanto a questi luoghi già noti c’è molto altro. Un esempio? Sulla strada di montagna che da Marrakech va a Ouarzazate c’è una deviazione che porta a Telouèt: qui sorge la kasbah del Pascià el Glaoui, una reggia oggi dimenticata. I marocchini infatti lo detestano perché all’epoca del regime coloniale era alleato dei francesi, per cui quando il Marocco divenne indipendente, nel 1956, i beni del Pascià vennero confiscati e la sua kasbah cadde nell’abbandono. E così è rimasta da allora. Ma nonostante la sua aria decadente conserva alcuni saloni decorati da raffinatissimi zelliges, mosaici geometrici composti da migliaia di piccole tessere di terracotta tagliate e smaltate a mano.
Rose damaschine utilizzate per produrre cosmetici nella Valle delle Rose.
La kasbah del Pascià Glaoui è un perfetto esempio di architettura dei berberi, gente di montagna che abita il Marocco da molto prima degli arabi e che tutt’oggi costituisce l’80 per cento della popolazione del Paese; il Grande Sud è terra berbera e l’artigianato una testimonianza della loro cultura, dai gioielli d’argento di Tiznit ai tappeti di Tinghir, dagli oggetti in marmo nero di Erfoud alle ceramiche verdi di Tamegroute.
Questa è anche terra di coltivazione del prodotto marocchino più famoso in Europa: l’olio di Argan, Patrimonio Immateriale Unesco nonché Presidio Slow Food. Il Grande Sud è ricco di piante di Argania e i suoi frutti gialli sono lavorati da tante cooperative di donne berbere, come quella che trovo in un piccolo villaggio della costa atlantica fra Tiznit e Agadir. «Per fare i cosmetici maciniamo le mandorle di Arganà crude, mentre per trarre l’olio alimentare prima le tostiamo. Dai residui delle mandorle ricaviamo una pasta dura che si utilizza nelle maschere per il viso», mi spiega Fatima Mezzani, portavoce della piccola cooperativa di 15 donne. «È un lavoro faticoso, che molte di noi fanno con una macina di pietra a casa propria, ma siamo contente perché siamo entrate in rete con altre donne di Essaouira, Ouarzazate e Marrakech, e ci sentiamo autonome nella nostra attività».
Alba sulle dune rosa dell'Erg Chebbi, Sahara.
Non lascerò il Grande Sud senza portare in me il profumo delle sue oasi e il dono di una terra leggendaria: il Sahara. È un polipo di sabbia che si allunga dall’Algeria afferrando varie parti del Marocco orientale, disegnando un paesaggio a geometrie variabili dove l’unico padrone è il vento, capace di spostare dune alte fino a 300 metri, magicamente rosa nell’Erg Chebbi o più classicamente dorate nell’Erg Chigaga. Il Sahara seduce, ma insegna a misurare le forze nell’attraversarlo; ci riporta alla nostra intima essenza. E la sua notte ci addormenta in un bivacco cullati dalle stelle.
Guida pratica
Quando andare. Nel Grande Sud (così lo chiamano i marocchini) si può andare tutto l’anno, ma i periodi migliori sono la primavera e l’autunno. D’estate il caldo, secco e ventilato, può arrivare a 48 gradi. D’inverno nel deserto c’è forte escursione termica e le notti sono fredde.
Come arrivare. EasyJet (easyjet.com/it) opera 5 collegamenti settimanali (lunedì, martedì, giovedì, sabato, domenica) da Milano Malpensa a Marrakech, voli a/r a partire da 76 euro. Una app gratuita per smartphone Android o iPhone (easyjet.com/it/mobile) permette di prenotare, effettuare il check-in e scaricare sul telefono la carta d’imbarco che così può essere presentata offline. Poi da Marrakech in tre ore di auto si raggiunge Ouarzazate e lì inizia il tour del Grande Sud marocchino.
Dove dormire e mangiare. A Tata: Dar Infiane (darinfiane.com/en/), kasbah del 1500 magnificamente ristrutturata in maison d’hôte eco-compatibile, doppia B&B a € 83. A Erg Chebbi: Kasbah Leila (kasbahleila.com) a Merzouga, davanti alle dune rosa dell’Erg Chebbi sahariano. Camera doppia mezza pensione: 50 euro. Tenda doppia (con bagno) mezza pensione: 35 euro. Ricca cena tradizionale. A Zagora: Riad Lamane (riadlamane.com), bungalow in un bel giardino con piscina. Doppia B&B da 90 euro. Da qui si va a M’hamid e alle dune dell’Erg Chigaga, dove si può dormire in un campo tendato.
A Ouarzazate: Le Berbère Palace (hotel-berberepalace.com/), il miglior cinque stelle del Grande Sud, ottima cucina marocchina e internazionale. Doppia B&B a 160 euro. A Boumalne Dades: Xaluca Dades (xaluca.com/), in posizione strategica per le valli del Dadès, del Dràa e del Todra. Arredamento afro-chic, doppia B&B a 115 euro.
Per saperne di più. Ente per il Turismo del Marocco, via Durini 5, Milano, tel. 0258303633, [email protected], visitmorocco.com.
Per fare “turismo sostenibile” nel Grande Sud: [email protected], portailsudmaroc.com.
Uno scorcio dell’oasi del fiume Todra.
un dromedario passeggia: sullo sfondo, la kasbah di Ait ben Haddou, Patrimonio Unesco.
Dromedari selvatici all'ombra di un raro albero sulla pista per l'Erg Chigaga, Sahara.
Gole del fiume Todra.
Alba sulle dune rosa dell'Erg Chebbi, Sahara.
Fortezza nell'oasi di Skoura nella Valle del fiume Dades.
Cicogne sul minareto di una moschea nella Valle del Dades.
Oasi del fiume Todra fra i monti dell'Atlante e il deserto.
Ingresso della Kasbah di Telouette.
Portone d'ingresso all'agadir (granaio) del 1700 tuttora in uso nel villaggio di Ait Ikin, nella provincia di Tata.
Intagli decorativi della Kasbah di Ouarzazate.
Interno della Kasbah di Ouarzazate.
Un passaggio protetto fra le case nella provincia di Tata: rappresenta un gradito riparo dal sole.
Rose damaschine utilizzate per produrre cosmetici nella Valle delle Rose.
I piatti multicolori di ceramica artigianale esposti in una bottega di Tamegroute.
Due donne berbere nel mercato di Tegounite.
Le 19/05/2016
Source Web : Elle
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